Secondo l’evangelista Matteo, Gesù inizia il suo ministero con la proclamazione delle Beatitudini (Mt 5, 1-12) che non sono come scriveva Nietzsche “la morale dei deboli”, ma piuttosto “il messaggio di Gesù in tutta la sua purezza” come le definisce il Mahatma Gandhi. Nove situazioni di vita difficili che però possono diventare sentieri attraverso i quali seguire ed imitare il Cristo, sorgenti di speranza e vie verso il cielo. A me sembra che le beatitudini siano per tutti, non solo per chi crede; una pagina evangelica “laica” nel senso mondano del termine, nella quale chiunque può riconoscersi, viverla e trovare in essa serenità e pace. Il sapersi accontentare del necessario dando il primato alle cose spirituali, l’affrontare situazioni di vita che ti fanno patire e piangere senza scoraggiarti, il relazionarsi con mitezza e bontà, il lottare per la giustizia e il bene comune, il prendersi a cuore i problemi dei fratelli, soprattutto quelli più poveri e bisognosi, l’essere puri, sinceri, onesti, avere il coraggio di affrontare anche l’ostilità per il proprio impegno per la giustizia e infine essere coerenti e fedeli in ciò in cui si crede anche a costo della vita, tutto questo è “cosa” di gente debole, frustrata, umanamente sconfitta? Certo in un mondo basato sulla ricchezza e il potere del denaro, dove non si accetta il limite della sofferenza e del dolore, dove regnano violenza e conflittualità a tutti i livelli, dove al posto della giustizia si promuovono i privilegi delle caste, dove dilaga la furbizia e la corruzione, dove non si hanno più punti fermi e valori stabili, le beatitudini appaiono proprio un’utopia o prerogative degli scemi. E, invece, dobbiamo proprio dire che sono sinonimo di fortezza, impegno, libertà, lealtà; la caratteristica degli uomini veri che sanno vivere in pienezza la vita. Se è vero, come è vero, che le beatitudini sono la vita stessa di Gesù, allora possiamo dire che se viviamo nello spirito delle beatitudini viviamo “da Dio”.
Padre Salvatore Alì