C’è una piuma che vola nell’azzurro del cielo, e il mondo che non è più lo stesso. Chi non ricorda il celebre incipit di Forrest Gump, il film del 1994 diretto da Robert Zemeckis con Tom Hanks? Quella piuma, quella musica (parte della straordinaria colonna sonora firmata da Alan Silvestri) hanno dato spunto ad una rivoluzione di pensiero e di linguaggio. Frasi come “Corri, Forrest, corri!” o “La vita è come una scatola di cioccolatini…” sono entrate a far parte del nostro parlare con il ricordo di quell’uomo curioso, dalla vita sensibile e amara e dolce, seduto su una panchina a raccontare candidamente di sé. Ciò che l’uomo contemporaneo non sa più fare, esprimere se stesso senza vanità e senza vergogna, in modo spontaneo. La trama del film è così nota che qui non la dettaglieremo. Forrest è un uomo con una non meglio specificata forma di deficit cognitivo, la cui storia attraversa e determina alcuni dei più importanti avvenimenti degli Stati Uniti del XX secolo, dalla guerra del Vietnam al movimento hippy. Libero di squadrare il mondo senza i preconcetti e le sovrastrutture degli altri uomini, capace di compiere azioni libere da qualsiasi forma di utilità o interesse, come la famosa corsa da un oceano all’altro, Forrest conoscerà anche l’amore di una donna, Jenny, di cui è innamorato sin dai tempi della scuola e da cui avrà un figlio. Dopo averla sposata, Jenny morirà per una malattia contratta in precedenza, lasciando a Forrest l’esperienza della paternità.
Film epidermico, a tratti surreale eppure aderente alla Storia, Forrest Gump esalta i sentimenti senza accondiscendere ai buonismi, mostrando l’intimità di un uomo uguale a se stesso e perciò superiore, nonostante le apparenze, a coloro che lo circondano. Leggero e aereo come la piuma, non desiderosa di volare eppure sempre librata nel cielo, come i sogni per inseguire i quali bisogna avere il coraggio di correre, anche senza motivo. A distanza di vent’anni dalla sua uscita nelle sale, Forrest Gump ci emoziona ancora.
Valerio Musumeci