L’idea di un “riallineamento delle accise tra diesel e benzina”, ventilata già a settembre nel Piano strutturale di bilancio, aveva sollevato un polverone, ma sembrava destinata a rimanere nel limbo. Ora, però, il tema è tornato al centro del dibattito, complice la necessità di reperire risorse per il contratto del trasporto pubblico, e la misura ha ricevuto l’ok dalla commissione Finanze del Senato.
Le accise, insieme all’Iva e al costo netto del carburante, incidono direttamente sul prezzo al distributore. Attualmente, le aliquote sono fissate a 0,728 euro al litro per la benzina e 0,617 per il gasolio. La nuova norma prevede un riallineamento graduale a partire dal 2026, con incrementi di 1-2 centesimi l’anno, fino a raggiungere una tariffa unificata di 0,673 euro al litro per entrambi i carburanti.
Secondo il Codacons, un aumento di appena 1 centesimo sul diesel si tradurrebbe in 245 milioni di euro di spesa aggiuntiva per i proprietari di veicoli a gasolio, cifra che salirebbe a 490 milioni con un incremento di 2 centesimi. In Italia si contano 16,9 milioni di auto diesel e 17 milioni a benzina, in un Paese dove le imposte sul gasolio sono già tra le più elevate in Europa.
Lo Stato prevede di incassare oltre 100 milioni di euro nel primo anno, con entrate che supereranno i 500 milioni entro il 2030. Questi fondi saranno destinati interamente al trasporto pubblico, ma le polemiche non mancano, considerando l’impatto su automobilisti e imprese.