E alla fine l’hanno arrestato. Dopo un anno di sospetti, ipotesi, depistaggi, interviste strane e telefonate anonime, Michele Buoninconti, 45 anni, unico indagato per la morte della moglie Elena Ceste (era sparita il 24 gennaio 2014 da Costigliole d’Asti: il cadavere è stato ritrovato vicino casa lo scorso 18 ottobre), è stato portato in carcere con l’accusa di omicidio volontario premeditato e occultamento di cadavere. La svolta è arrivata dopo che in Procura ad Asti è stata depositata la perizia autoptica: Elena sarebbe morta in casa (probabilmente nel letto, prima che si rivestisse), per asfissia.
Castello di menzogne – Nell’ordinanza di custodia cautelare il gip Giacomo Marson ha scritto: “Tutti gli elementi raccolti nel corso delle indagini” indicano “Michele Buoninconti come l’autore delle gravissime condotte che gli vengono attribuite”. Non solo. Il gip ha aggiunto che ciò emerge “in maniera dirompente”: il marito della vittima ha messo in piedi un “castello di menzogne” e ha posto in essere “vani tentativi di depistaggio”per allontanare da sé il sospetto di aver ucciso la moglie. E ancora. Marson ha aggiunto che “la condotta dell’indagato dimostra che la scomparsa ed il successivo ritrovamento del cadavere (…) non sono stati il frutto di accadimenti accidentali né di scelte estreme volontariamente intraprese” dalla donna, “ma sono ascrivibili a un evento del tutto estraneo alla sua sfera di dominio”. Tradotto, secondo l’accusa Michele (indagato dal 24 ottobre) avrebbe ucciso la moglie e poi – lui che è vigile del fuoco – l’avrebbe portata nel canale dove è stata ritrovata; inoltre avrebbe cercato di sviare le indagini raccontando – negli interrogatori e nelle interviste – di strani personaggi e rapimenti.
Fuori di sé – Fin dall’inizio, comunque, la versione data dall’uomo – che si è sempre dichiarato innocente – aveva evidenziato incongruenze lasciando perplessi gli inquirenti. Perché Michele disse che alle 8 del mattino del 24 gennaio 2014 la moglie gli aveva chiesto di accompagnare i bambini a scuola perché non si sentiva bene e che poi, quando era tornato dopo circa un’ora, lei era già scomparsa lasciando in casa il cellulare, gli occhiali da vista (era molto miope e non poteva farne a meno) e la giacca che solitamente indossava per uscire. In più, Michele spiegò di aver trovato i vestiti della moglie dietro il cancello di entrata, nel cortile di casa, come se lei si fosse spogliata prima di andare via. Come dire: era fuori di sè.
Richiesta ai figli – Ad aggravare la posizione di Buoninconti, secondo l’accusa, è stato l’atteggiamento nei confronti dei quattro figli durante le indagini. “Di estrema gravità – ha scritto il gip – anche nell’ottica di valutare la personalità dell’indagato, è il metodo sottilmente intimidatorio utilizzato per raggiungere lo scopo, suggestionando i propri figli più giovani”. E in particolare, nell’ordinanza, c’è un’intercettazione telefonica in cui Michele, in auto, domanda ai figli se l’hanno mai visto litigare con la madre. Uno risponde: «Sì». L’altro: «E lo chiedi?». Buoninconti: «Ehh, loro questo vogliono sentire. Se glielo dite, state tranquilli che mi mettono da un’altra parte». L’uomo, nella ricostruzione del giudice, quando ha accompagnato una delle figlie a Palazzo di giustizia per l’interrogatorio “si è preoccupato di far sì che il suo racconto si uniformasse a quello degli altri figli maggiori”.
Il movente – E il movente? Per il gip Marson, “va ricercato nell’odio maturato nel tempo”: Buoninconti, scrive il giudice, riteneva che Elena “fosse una moglie e una madre inadeguata”, nonché “una donna infedele e inaffidabile dedita a coltivare rapporti virtuali con il computer” e, quindi, “da raddrizzare”. Ieri l’arresto. Michele, in silenzio, ha preparato un borsone, si è preoccupato che qualcuno andasse a scuola a riprendere i figli e poi ha seguito i carabinieri.
di Alessandro Dell’Orto
Libero