di Andrea Di Bella
Assessore, quali sono le condizioni politiche che l’hanno portata ad accettare di far parte dell’amministrazione comunale di centrosinistra a Paternò?
Non credo che si possa parlare di “condizioni”. Sin dal giorno in cui in piazza festeggiamo la vittoria di Mauro Mangano mi sono sentita responsabile di una scelta e ho cercato di dare un contributo da elettore, da militante, da giovane cittadina di Paternò. Oggi cerco di aiutare il mio paese con la veste di assessore, ma il mio entusiasmo è identico a quello che avevo da semplice cittadino.
Condivide l’operato fin qui svolto dall’amministrazione?
Credo che questa Giunta abbia lavorato senza risparmio in un’opera di ricostruzione complessa. Per giudicare un’esperienza amministrativa bisogna tenere presente il punto da cui si è partiti e poi valutare il percorso fatto. Chi ha amministrato la città negli ultimi 10 anni ci ha lasciato un Comune in serie difficoltà economiche, sociali e amministrative. Quando Mangano è diventato sindaco anche l’ordinario sembrava impossibile. Bene, l’ordinario l’abbiamo rimesso su. Oggi dobbiamo fare uno sforzo per ricostruire la strada verso l’eccellenza. Il cammino è lungo e tortuoso. Le scelte fatte dal sindaco sono state improntate alla responsabilità e al buon senso. Ne ho condiviso certamente lo spirito, ma non sono una “yeswoman”, non dirò mai che sono d’accordo su tutto e, tendenzialmente, diffido di chi mi dà sempre ragione.
Lei detiene la delega alla Cultura, fin qui ambito di cui si è occupato direttamente il primo cittadino. Nei giorni scorsi il nostro giornale ha sollevato una importante questione relativa a 18mila euro che la giunta ha destinato al gruppo dei Cantastorie e a Giovanni Calcagno. Solo 3mila euro agli indigenti. Perchè?
Guardi io non appartengo a quelli che credono che di cultura non si mangi. Un prete illuminato, Don Milani, diceva che «Ogni parola non imparata oggi è un calcio in culo domani». Vede si può pensare che potremmo destinare i soldi destinati alla cultura, i soldi per il Natale e, persino, quelli per la festa di Santa Barbara agli indigenti, avremmo forse un po’ meno sofferenza. Ma non solo non avremmo cancellato gli indigenti di Paternò, ma avremmo un paese più povero, più triste, più depresso, dove vivere, lavorare, persino, onorare la santa patrona sarebbe impossibile. Viviamo un presente difficile, per risollevarci dobbiamo scommettere sul futuro e investire in speranza che vuol dire più manifestazioni, più arte, più cultura che porterà turismo, commercio, più benessere.
Quali le sue aspettative e quale il suo progetto all’interno dell’amministrazione?
Bisogna buttare il cuore oltre l’ostacolo. Con pochissime risorse bisogna riuscire a costruire entusiasmo, contagiare buonumore. Le mie deleghe mi impongono di dover spaziare dalla lotta alla dispersione scolastica alla programmazione delle manifestazioni culturali. Se guardo al bilancio c’è poco da aspettarsi. Se penso alla grande generosità e alla passione dei paternesi mi sento più ottimista.
Tenendo conto del contesto generale, ritiene che a Paternò la tassazione su immobili e reddito vada rimodulata al ribasso, alleggerendo la pressione fiscale sui cittadini ed incentivare consumi e ripresa economica?
Il livello di tassazione in Italia è veramente troppo alto ed è comprensibile che i cittadini non ce la facciano più. Sono una piccola lavoratrice autonoma e comprendo bene gli umori della gente perché sono anche i miei. Sulla tassazione patrimoniale posso solo dire che è necessaria a far quadrare i conti dell’Ente locale che deve continuare a esistere e porre in essere attività che facciano vivere e crescere la nostra comunità. Non vi è dubbio che appena sarà possibile si dovrà pensare di diminuire la tassazione, cominciando dalle accise sulla spazzatura che colpisce pesantemente i cittadini.
Riguardo il turismo, anche questa una delega che adesso appartiene a lei, ritiene di dover mettere mano alle strategie di attrazione o che quanto fin qui fatto puo’ ritenersi accettabile?
Direttore, obiettività vuole che confessiamo a noi stessi che Paternò non è mai stata una città a grande vocazione turistica. Dico ciò perché la consapevolezza di quel che siamo ci fa comprendere più lucidamente dove vogliamo andare. Eppure la nostra città insiste alle pendici del più grande vulcano attivo d’Europa, patrimonio dell’Unesco. Al contempo siamo stati palcoscenico della più illuminata monarchia europea, quella normanna. In buona sostanza, non mancherebbero le frecce al nostro arco. Bisognerebbe valorizzare il nostro patrimonio. Ma attenzione, questa missione necessita della indispensabile collaborazione di altre istituzioni pubbliche. E’ noto – ad esempio – che la gestione del castello passi dall’assenso della Sopraintendenza per i BB CC AA. Dal canto mio, oltre alla scontata collaborazione, posso promettere che mi farò parte diligente e incalzerò gli uffici pubblici per ottenere quel che a Paternò spetta, cioè: la giusta attenzione. Ma occorre che tutta la città collabori, anche cambiando le abitudini e i modi di fare. Bisogna avere più senso civico che, poi, si concreta in piccole cose, come, ad esempio, non sporcare la città ed essere disponibili con i turisti. Ecco su questa seconda cosa, noi paternesi siamo maestri; possiamo dar lezioni di disponibilità e di calore umano.
Si ritiene un assessore politico o un assessore tecnico?
Quando nel ’68 si diceva che tutto è politica non si sbagliava. Diciamo che con tecnicità vorrei contribuire a dare una mano ad amministrare la mia città. E’ questa la buona Politica. Inoltre, mi lasci il tempo per ringraziare Lei e la testata che rappresenta perché – al di là della dialettica e delle idee – Paternò ha bisogno di attenzione, di vivacità, di giovani che fanno politica e di giornali che parlino della nostra comunità. Paternò, oggi, ha bisogno di gente che lotta perché la battaglia è lunga ed è tutt’altro che persa. Grazie di cuore.