Accelera l’indagine della Procura di Velletri sull’omicidio di Willy Monteiro Duarte. Gli inquirenti continuano ad ascoltare testimoni, molti dei quali presentatisi spontaneamente, con l’obiettivo di individuare altre persone coinvolte nella rissa poi sfociata nel tragico pestaggio del 21enne. In questo ambito chi indaga punta a circoscrivere le posizioni e al momento il lavoro si starebbe concentrando su almeno 3 tre persone che avrebbero avuto un ruolo “attivo”.
Verifiche sul suv su cui erano a bordo i fratelli Gabriele e Marco Bianchi verranno effettuate dagli inquirenti. L’attività istruttoria, disposta dai pm di Velletri che procedono per il reato di omicidio volontario, punta a verificare se all’interno dell’automobile siano presenti tracce ematiche riconducibili alla vittima ma anche biologiche legate al fatto che i Bianchi, parlando con il gip, hanno affermato che si trovavano nella “zona del cimitero” per consumare un rapporto sessuale con delle ragazze di cui però non hanno fornito il nome.
“Siamo sconvolti per la morte di Willy, pestato a morte per aver difeso un amico contro la violenza. Il suo volto sorridente resterà come un’icona di amicizia e di solidarietà, che richiama i compiti educativi e formativi della scuola e dell’intera nostra comunità.”. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, parlando a Vo’ Euganeo. “La scuola, la cultura, il confronto continuo – ha aggiunto – sono anche antidoti al virus della violenza e dell’intolleranza, che può infettare anch’esso la comunità se viene ridotta l’attenzione”.
I fratelli Bianchi e Mario Pincarelli hanno chiesto tramite i legali di essere posti nel reparto protetto del carcere di Rebibbia per motivi di sicurezza. Lo afferma il garante dei Detenuti del Lazio, Stefano Anastasia. I tre si trovano, come tutti i neodetenuti, in regime di isolamento in base alle normative anticovid. Hanno chiesto però che al termine dei giorni di quarantena possano avere un regime di protezione all’interno del penitenziario romano. Nei giorni scorsi erano arrivate minacce di morte, anche via social o attraverso telefonate minatorie,sia ai parenti degli arrestati che ai difensori. Ansa