di Alessandro Sallusti
Domani inizia, con la richiesta della fiducia al Parlamento, l’avventura del governo Conte bis, figlio di una rottura traumatica e rocambolesca dell’asse tra Cinque Stelle e Lega e di un’ardita manovra di palazzo che ha riportato al potere la sinistra. Non è la prima volta che Silvio Berlusconi affronta – e per certi versi subisce – ribaltoni di questo genere. Ecco la sua prima analisi di quello che è successo e di ciò che potrà succedere.
Presidente, che giudizio dà del nuovo governo?
«Non può che essere un giudizio negativo. È un governo che nasce per paura delle elezioni, per evitare una vittoria del centrodestra. Proprio come quello che lo ha preceduto, il governo giallo-rosso mette insieme forze politiche fra loro incompatibili. In questo caso c’è un’aggravante: per poter trovare dei punti in comune, hanno scritto un programma che è il più a sinistra della storia della Repubblica, il più statalista, il più assistenziale, il più giustizialista. Il peggio della vecchia sinistra, nella sua accezione di potere – il Pd – e in quella sgangherata e antipolitica – i Cinque Stelle. Sono molto preoccupato per il nostro futuro».
È colpa di Salvini se siamo in questa situazione?
«Sarebbe ingeneroso dire che la nascita del governo giallo-rosso sia tutta colpa di Salvini, ma sarebbe miope negare che Salvini abbia delle responsabilità. Il fatto è che la Lega ha dato l’impressione di volere giocare una partita solitaria e spregiudicata, fino al punto di riproporre la coalizione con i grillini e di offrire a Di Maio la presidenza del Consiglio. Salvini non si è quasi mai posto nella prospettiva del centrodestra di governo, né in questo Parlamento, né in vista delle elezioni. Noi al contrario abbiamo detto dal primo giorno al capo dello Stato che il centrodestra è la maggioranza naturale del Paese, e che la via maestra per riportare al governo un centrodestra unito era il voto».
Come giudica l’operato di Mattarella?
«Il capo dello Stato ha dimostrato equilibrio e scrupolo istituzionale in una situazione complessa. Ha dovuto prendere atto della maggioranza parlamentare che si è creata e ha svolto il suo ruolo in modo corretto. Non è certo a lui che si può attribuire la responsabilità di una soluzione così pasticciata. Altri presidenti in passato sono stati molto meno scrupolosi, e hanno interferito nel gioco politico – a favore della sinistra – venendo meno alla loro collocazione super partes. Mattarella non è questo tipo di presidente».
Come sarà l’opposizione di Forza Italia?
«Ferma, determinata, composta ma netta. È l’opposizione che abbiamo fatto contro qualunque governo di centrosinistra negli ultimi 25 anni. L’opposizione si fa in Parlamento, perché è quello il luogo della sovranità popolare. Solo in casi eccezionali, se provassero a mettere le mani nelle tasche degli italiani, per esempio con la patrimoniale, o a limitare la libertà dei cittadini, potremmo anche manifestare pubblicamente il nostro dissenso come abbiamo fatto in altri tempi contro il governo Prodi. Opporremo giorno per giorno i contenuti e il metodo liberale a una sinistra profondamente illiberale, statalista, giustizialista, sempre avendo come unica stella polare l’interesse degli italiani».
Si parla di un gruppo di «responsabili» che potrebbe aiutare la maggioranza: è vero?
«Su questo non ci possono essere equivoci, per quanto riguarda Forza Italia: noi siamo radicalmente alternativi al Pd e ai Cinque Stelle. Nel 1994 ho lasciato il lavoro che amavo proprio per impedire che la sinistra si impadronisse del Paese. Naturalmente non ho cambiato opinione, visto che questa sinistra è forse peggiore di quella di allora. Forza Italia è un partito di persone libere, esistono opinioni diverse su molte cose, delle quali discutiamo e poi facciamo sintesi. Ma sinceramente non ho mai sentito nessuno che immaginasse di potere soccorrere questo governo. Se qualcuno lo pensasse – ma lo escludo – si porrebbe fuori e contro Forza Italia».
Secondo lei quanto dura questo governo?
«Difficile rispondere: un governo caratterizzato dalla non corrispondenza con la maggioranza popolare e nato per evitare le elezioni è intrinsecamente debole, però proprio per questo cercherà con ogni mezzo di reggere il più a lungo possibile. E questo sarebbe certamente un danno per l’Italia e per gli italiani».
Renzi è tornato protagonista della partita politica. Esiste la possibilità di un nuovo Nazareno?
«Renzi ha favorito la nascita del governo giallo-rosso, che è agli antipodi delle nostre idee, dei nostri programmi, dei nostri valori. Questo conferma che è un uomo di sinistra, certamente abile, ma lontano da noi. Con lui non c’è mai stata la possibilità di un accordo politico, neppure ai tempi del cosiddetto Nazareno, che non era un patto di governo – lo ricordo a chi lo cita a sproposito – ma solo il tentativo di cambiare insieme la legge elettorale e la Costituzione, pur rimanendo avversari in Parlamento e nel Paese. Oggi non vedo come possa essere un interlocutore per noi, né per i nostri elettori, l’uomo che ha messo insieme Pd e Cinque Stelle, non rispettando il voto degli italiani».
Teme gli effetti sul partito dello strappo di Giovanni Toti? C’è possibilità di una ricomposizione?
«Mi pare che di fronte alla gravità di quello che sta succedendo i problemi di collocazione di un mio ex collaboratore passino in secondo piano. Preferisco occuparmi di politica, di idee, di programmi, per rilanciare e per ricostruire un centrodestra liberale che funzioni».
Esiste ancora il centrodestra, malgrado Salvini non ne parli quasi più?
«Per noi è l’orizzonte naturale, da qui non ci muoviamo, non soltanto perché il centrodestra in Italia l’abbiamo inventato noi, nel 1994, ma soprattutto perché è nel cuore degli italiani. Lo dimostrano i risultati di tutte le elezioni regionali e amministrative dell’ultimo anno. Il centrodestra unito è la maggioranza del Paese. Certo, non può essere un monocolore della destra sovranista, per poter vincere e soprattutto per potere credibilmente guidare l’Italia e farla ripartire. A volte Salvini appare davvero incomprensibile».
Cosa farà, da qui in avanti, Forza Italia?
«L’opposizione, con serietà, con coerenza, con sobrietà. Non è urlando che si dimostra di avere ragione. Noi abbiamo rispetto delle istituzioni, che vanno comunque preservate. Questo fa parte della nostra cultura liberale, cattolica, riformatrice: siamo gli unici eredi delle grandi correnti di pensiero che hanno guidato la parte migliore della nostra storia. Abbiamo l’orgoglio di rappresentare in Italia la maggiore famiglia politica europea, quella del Partito popolare, che è in Europa il partito della democrazia e della libertà. Dobbiamo spiegare agli italiani che esiste un’alternativa alla sinistra distinta da quella della destra sovranista. Alleata ma ben distinta».
Ma liberali e sovranisti possono convivere nello stesso schieramento?
«Dipende da cosa si intende per sovranisti: se significa essere orgogliosi della nostra identità, della nostra storia, dei nostri valori, del nostro stile di vita, delle nostre libertà, della nostra cultura, dei nostri diritti, se significa voler difendere tutto questo, allora il primo sovranista sono io. Se significa invece l’illusione dell’autosufficienza, della chiusura, del conflitto permanente, se significa evocare un nazionalismo fuori tempo e fuori luogo, che tanti danni ha fatto in passato, trascinando l’Europa in due guerre mondiali che l’hanno distrutta, allora naturalmente non solo non ci riguarda, ma è un fenomeno pericoloso che va combattuto. Il fatto è, però, che la nostra identità è al tempo stesso nazionale ed europea, la nostra cultura e i nostri valori sono quelli della civiltà occidentale, delle comuni radici greco-romane e giudaico-cristiane. Li condividiamo con i nostri vicini dell’Unione europea e dell’Alleanza atlantica. E solo insieme li possiamo difendere in un mondo sempre più interconnesso. Penso alla sfida di un modello di civiltà radicalmente alternativo al nostro, quello cinese, che persegue un lucido disegno espansionistico».
Esiste davvero «L’altra Italia»?
«Non solo esiste, ma io credo che si tratti della maggioranza degli italiani. Non è una formula politica: sono le persone serie, perbene, concrete, che lavorano, che dalla politica sono deluse o disgustate. Come lo sono io, del resto. Sono gli imprenditori, i commercianti, gli artigiani che ogni giorno lottano per tenere aperta la propria azienda, soffocati dalle tasse e dalla burocrazia, sono i lavoratori che ogni giorno si impegnano con dedizione e ricevono stipendi troppo bassi, falcidiati dal cuneo fiscale, sono gli studenti capaci e meritevoli che cercano di costruire il loro futuro in un Paese che non offre più speranze né prospettive, sono gli anziani che devono sopravvivere con pensioni da fame dopo una vita di lavoro. Tutte queste persone non vogliono slogan, selfie, insulti e battute, vogliono qualcuno che si rimbocchi le maniche, con competenza e serietà. Non si aspettano che lo Stato risolva i loro problemi, si aspettano che faccia semplicemente la sua parte, e che – quando occorre – si faccia semplicemente da parte».
Cosa deve fare un moderno partito liberale, nell’Italia del XXI secolo?
«Deve lottare contro l’oppressione fiscale, l’oppressione burocratica, l’oppressione giudiziaria. Lavorare per ridurre il perimetro dello Stato, dell’intervento pubblico, attraverso le privatizzazioni. Diminuire per questa strada il debito pubblico, e tagliare la spesa improduttiva. Affrontare una vera riforma fiscale, tagliando le tasse a tutti in modo omogeneo – la vera flat tax – e non limitandosi a concedere singoli sgravi fiscali concordati con questa o quella categoria. Ridare fiato a chi vuole intraprendere, a chi vuole costruire, cancellando il regime delle autorizzazioni preventive e sostituendole con controlli ex post. Riformare la giustizia in senso garantista, rimettendo al centro la presunzione di innocenza e il rispetto per i diritti di ogni cittadino. Garantire la sicurezza non attraverso gesti spettacolari, ma un controllo di legalità diffuso e capillare. Consolidare il rapporto con l’Europa e con l’Occidente, come strumento di tutela della nostra identità e dei nostri interessi. Io credo che l’Italia abbia uno straordinario bisogno di una forza politica che lavori per questi obiettivi e che esista, quindi, un grande spazio per tornare a crescere. Il futuro di Forza Italia, che stiamo profondamente rinnovando a tutti i livelli, è proprio questo».
Il primo appuntamento del centrodestra, nel nuovo scenario politico, sono le elezioni in Umbria…
«In Umbria il centrodestra unito può vincere per la prima volta nella storia di quella regione. Noi siamo pronti a fare la nostra parte a sostegno della candidata presidente, la senatrice Tesei, che d’altro canto era nata in Forza Italia. In Umbria noi esprimiamo un’ottima squadra di eletti e stiamo candidando alle prossime elezioni regionali figure di qualità che dovranno ricoprire responsabilità importanti nel futuro della regione. Credo che su questo non sarà difficile trovare un accordo con i nostri alleati».