Che cosa curiosa: dall’insediamento del governo gialloverde, e da quando i tifosi dell’immigrazione di massa sono finiti all’opposizione, è un quotidianodenunciare derive razziste, eppure a nessuno dei maîtres à penser è riuscito di ricordare che la superiorità razziale – come accertato da fior di studiosi, dal grande Léon Poliakov a George Mosse – è idea anzitutto non nazista, non fascista né leghista, ma illuminista. Come mai? Forse perché non è carino ricordare che Kant pensava che i neri puzzassero, e che l’osannato Voltaireriteneva che le donne di colore si accoppiassero con gli scimpanzé?
Forse perché si saprebbe che gli atei Diderot e D’Alambert consideravano quella dei neri «un’esistenza semiferina, alinea dal pensiero razionale e dalla civile convivenza», e che John Locke fece dei bei soldini con le azioni della Royal African Company, impegnata nella tratta di schiavi? Forse perché non è il caso che si rammenti che Hume affermava di non aver mai rintracciato «alcun barlume di ingegno» nei neri, che riteneva «inferiori al resto della specie»? Non so, sarò diventato malfidente io, ma tutta quest’omertà culturale proprio non mi convince. Perché, voi invece vi fidereste di chi parla e parla contro la mafia, ma guai solo a fare il nome di Al Capone? Ecco, allora ci siamo capiti.