di Andrea Di Bella
Esattamente così. Il capo politico del M5S trasformatosi da movimentista in democristianista non piace alla base del suo movimento, e gli elettori mandano un segnale dal Nord. Le elezioni regionali friulane sono tutt’altro che un fatto circoscritto al territorio: come tutti i test elettorali e di qualsiasi livello, i cittadini hanno inviato un segnale forte e chiaro alle orecchie dei leader tutti i partiti. Massimiliano Fedriga, salviniano di ferro, vince a mani basse su tutti i suoi competitor e racimolando il 57%. La coalizione fa anche meglio, aggiungendo 5,3 punti percentuali e arrivando oltre il 62%. Numeri rari. Berlusconi rinsalda Forza Italia e recupera 2,5 punti percentuali rispetto alle politiche, e balza dal 10 al 12,5% a cui vanno sommati i voti della lista civica autonomista realizzata da esponenti forzisti in sostegno a Fedriga: si arriva al 17% circa. Un input che vale non poco, e che si traduce in un chiaro messaggio politico che parte da Arcore rivolto ai leghisti: state davanti, Salvini è leader, ma senza Berlusconi non c’è Centrodestra. Il Pd mantiene dritta la barra, d’altronde esprimeva il Governo uscente. Il M5S in picchiata dal 25% al 7%. Vorrà pur dire qualcosa.
Il balletto di Di Maio a destra e sinistra, incurante delle diversità tra le forze politiche in campo e che ha finito per far passare il messaggio che il ruolo del capo grillino è anteposto a qualsiasi discussione, è stato punito dagli elettori Cinquestelle che in Friuli hanno deciso o di astenersi o di virare in larga parte verso la Lega, ed il Centrodestra aumenta di quasi il 20% i suoi voti rispetto al 4 marzo. Un risultato elettorale dall’immenso significato politico, e che apre fronti chiari al Quirinale. Giusto una pausa ieri per il primo maggio, e Salvini è tornato a parlare: “Si riparte dal Centrodestra, con un Governo insieme ai Cinquestelle. Oppure al voto subito”. Dopo la chiusura di Matteo Renzi a Luigi Di Maio in diretta tv su Raiuno, con il conseguente invito di Di Maio rivolto a Salvini con un sorprendente “Chiediamo a Mattarella il voto subito”, arriva la risposta del leghista: il governo lo faccio io, insieme ai Cinquestelle. Senò andiamo a votare davvero. La palla ripassa nelle mani di Di Maio, che ha forse inconsciamente consegnato a Salvini – e al Centrodestra – il coltello dalla parte del manico. Se non si troverà la quadra con l’intero Centrodestra, rifiutando il confronto e ponendo nuovi veti sui suoi interlocutori, il M5S si sarà assunto la totale responsabilità non solo dello stallo politico ed istituzionale dei 55 giorni successivi il voto Politico, ma anche un eventuale scioglimento anticipato del Parlamento e di nuove elezioni, che con ogni probabilità spingeranno gli elettori italiani a comportarsi come hanno fatto l’altro ieri quelli friulani: maggioranza bulgara al Centrodestra che, piaccia o non piaccia, ha mantenuto la barra dritta su programma e squadra. La palla adesso al Capo dello Stato, con un quasi scontato pre-incarico a Matteo Salvini (o magari a Giancarlo Giorgetti).