Dura molto poco la «pausa di riflessione» del presidente, una notte appena, il tempo di accendere la radio e sentire un autorevole giornalista palermitano annunciare che il periodo concesso ai partiti per risolvere le loro incomprensioni e trovare un accordo in realtà era già finito alle tre, l’ora dell’attacco anglo-franco-americano alle fabbriche siriane di bombe chimiche. Dunque, niente mandati esplorativi, nessun preincarico politico ma subito, in giornata, un terzo rapidissimo giro di consultazioni per mettere in piedi un governo di emergenza per fronteggiare la crisi internazionale. Insomma, una specie di gabinetto di guerra. Del resto, non era stato proprio Sergio Mattarella a indicare ai partiti ricevuti giovedì gli imminenti bombardamenti tra le diverse «urgenze» per chiudere in fretta la partita?
Allarme rosso, fibrillazioni varie, prime dichiarazioni politiche e telefonate a raffica allo staff presidenziale. Che fa il Quirinale? Chi sarà la personalità convocata per formare il governo? A che ora salirà? Nel pomeriggio? Quando verrà convocato il Consiglio supremo di difesa? Il tam-tam mette sotto pressione il capo ufficio stampa del presidente, Giovanni Grasso, costretto dall’incalzare delle domande e dal montare del caso politico a disturbare Mattarella, intento a quell’ora a bere un caffè.
«Calma ragazzi, non succede nulla», la risposta di Grasso su WhatsApp. Proprio così, non è successo nulla. Sarebbe stato sufficiente un normale controllo per appurare che il blitz occidentale non aveva coinvolto l’Italia, che le nostre basi aeree non era state usate e che l’intervento aveva avuto una portata limitata, tre feriti. E di conseguenza nulla o quasi era successo pure a livello politico-istituzionale. «Mattarella – il secondo messaggio di Grasso – si è sentito con il presidente del Consiglio Gentiloni. Per quanto riguarda la crisi di governo non esiste nessuna accelerazione del presidente della Repubblica alla luce dei fatti siriani. Qui nessuno ha messo l’elmetto. Non voglio fare un comunicato di smentita soltanto perché è una notizia ridicola». Conclusione, «restiamo sulle cose dette ieri». E cioè il capo dello Stato, che domani andrà a Forlì per il trentennale della morte di Roberto Ruffilli, senatore dc ucciso dalle Br, aspetterà notizie dai partiti fino a metà settimana. Mercoledì, giovedì al massimo, cercherà di «rompere il blocco» prendendo «un’iniziativa». Insomma, darà un incarico.