Il segretario non molla. Anzi si, anzi no. Matteo Renzi ha portato il Partito Democratico ad un livello di isteria politica senza precedenti. “Se perdiamo non mi dimetto”, aveva detto prima del voto. Poi tutti dalla parte dem correggono il tiro: “Sotto la soglia psicologica del 20%, dimissioni”. E alla fine Renzi ha parlato in conferenza stampa: “Lascio da segretario, ma non prima del nuovo congresso e non prima dell’insediamento delle Camere e del nuovo Esecutivo”. Vale a dire: mi dimetterò.
Il segretario dimissionario vuole quindi fare da regista della trattativa con il Quirinale durante le consultazioni, per scongiurare un accordo con il partito retto da Di Maio, che ha definito “un estremista” quando ha espresso il concetto del “Mai un governo con gli estremisti” riferendosi a Salvini ed ovviamente al grillino. E’ una morsa violenta quella di Renzi, che ha portato l’unico contenitore di Centrosinistra italiano a schiantarsi prima con la scissione a Sinistra che non ha portato in dote numeri rassicuranti, bruciando D’Alema che è rimasto fuori dal nuovo Parlamento. E che adesso potrebbe uscirsene – Renzi – con un nuovo colpo di teatro.
Matteo è stato netto: “Nessun Governo con nessuno, fatevelo da solo” ha dichiarato in conferenza stampa. Ciò significa che fino alla fine si batterà su questa linea. Dopodiché darà vita all’ultima e definitiva scissione dal Pd, questa volta però con sé stesso protagonista e verso il Centro. Porterà via con sé i parlamentari eletti nel Pd a lui fedeli, praticamente 8 su 10, e ricostruirà fuori (nel Paese) e dentro (in Parlamento, dove Renzi siede adesso a Palazzo Madama) un nuovo contenitore politico finalmente a sua immagine e somiglianza, senza cavilli, senza regolamenti, senza freni di alcun tipo alla sua leadership prorompente e per qualcuno anche prepotente. Una specie di partito-azienda alla Forza Italia maniera, in crisi dopo la cessione della leadership a Matteo Salvini. E’ la parabola discendente e (lui spera) ancora ascendente di un leader che vinse alle Europee nel 2014 e che credeva quel risultato potesse protrarsi nel tempo fino a farlo diventare leader indiscusso non solo del Centrosinistra, ma anche di tutto il resto.