Paternò, arrestato un uomo che avrebbe ucciso malato in ambulanza

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Avrebbe iniettato dell’aria in vena ad almeno tre persone anziane e malate per poi vendere ai familiari i servizi di onoranze funebri a pagamento. Così “la gente non moriva per mano di Dio”, ma per “guadagnare 300 euro, invece di 30 o 50”. Grazie alle dichiarazioni di un pentito al programma tv “Le Iene”, stamattina i carabinieri di Catania hanno arrestato un uomo di 42 anni, il barelliere Davide Garofalo, accusato di omicidio volontario. Un reato che gli viene contestato con l’aggravante di avere agevolato gli interessi di Cosa nostra.

ambulanza

L’indagine era in corso, come riportato dall’edizione palermitana di Repubblica, da poco meno di un anno. In tv, un pentito aveva ricostruito il caso: secondo il collaboratore di giustizia, le morti avvenivano durante il trasporto dall’ospedale di Biancavilla a casa dei pazienti, dimessi perché in fin di vita. I casi sarebbero iniziati nel 2012, all’insaputa dei vertici dell’ospedale e dei medici. I carabinieri hanno acquisito anche le cartelle cliniche delle vittime. La procura distrettuale sta indagando su oltre 50 casi: secondo i carabinieri una decina di decessi ha “una maggiore pregnanza”.

Appunto: “La gente non moriva per mano di Dio”. Secondo il collaboratore di giustizia, quando il malato terminale tornava a casa, “siccome era in agonia e sarebbe deceduto lo stesso, gli iniettavano dell’aria con l’agocannula nel sangue, e il malato moriva per embolia”. In questo modo i familiari non se ne accorgevano, e approfittando del momento di grande dolore veniva proposto l’intervento di un’agenzia di onoranze funebri. Poi, secondo il testimone, “gli facevano un regalino”: 300 euro a salma appunto. Il pentito sostiene che “erano i boss a mettere gli uomini sull’ambulanza” e che i “soldi andavano all’organizzazione”. Così in questa storia entra anche Cosa nostra. Le “ambulanze della morte”, secondo l’accusa, agivano infatti negli interessi del clan Mazzaglia-Toscano-Tomasello e del clan Santangelo di Adrano. L’indagine è infatti una prosecuzione dell’inchiesta della procura di Catania e dei carabinieri di Paternò sul clan mafioso di Biancavilla, una propaggine della famiglia catanese Santapaola-Ercolano scardinata esattamente un anno fa con le operazioni “Onda d’urto” e “Reset”.