Niente inciuci ma senza essere subalterni alla Lega. Il messaggio di Berlusconi ai suoi è incentrato a voler tenere insieme tutto. L’unità del centrodestra è un valore ed è per questo che in più occasioni l’ex premier si morde la lingua. Non risponde e non vuole rispondere a quelle che definisce «provocazioni» del leader del Carroccio. Non vuole rompere, Berlusconi; anche se mal sopporta i toni di Salvini. Toni che per un giorno tornano a livelli accettabili. Bene. Anche perché, prima di qualsiasi patto a livello nazionale, c’è da trovare la quadra sulle candidature in vista delle prossime elezioni amministrative. E sul tema la Lega è sensibile e consapevole che senza l’accordo con gli azzurri la strada è in salita.
Le diplomazie sono al lavoro e pare che in Veneto ci sia aria di schiarita: l’accordo alla fine si farà, giurano sia i verdi sia gli azzurri. Ma un conto sono le elezioni per gli enti locali un conto le Politiche. Salvini continua a premere sull’acceleratore. Vuole votare in fretta e per questo fa il tifo per Renzi: spera che sia lui a staccare la spina a Gentiloni per andare alla pugna. Il Cavaliere ha tutt’altro progetto: andare al voto adesso, con due leggi elettorali non omogenee tra Camera e Senato sarebbe un pasticcio. Meglio aspettare anche se non le calende greche. Giugno potrebbe andare bene; ma tutto dipende da che accordo si farà in Parlamento per recepire le osservazioni della Consulta sull’Italicum. Il nodo sta tutto lì. Di certo, con una Lega a trazione salviniana, il Cavaliere non accetterebbe di fare un listone unico. Ma il redde rationem con gli alleati storici non è una buona cosa.
Si prende tempo in attesa di capire con che sistema elettorale si potrà votare e poi si tireranno le conseguenze. Mezzo partito, poi, spinge perché non si sacrifichi il patto con la Lega, sottolineando che anche nel Carroccio le anime sono diverse: c’è una Lega dialogante rappresentata da Maroni, Zaia, Calderoli e tutti quelli che vogliono preservare le buone amministrazioni di Liguria, Lombardia, Veneto. Alfiere del patto è Giovanni Toti ma anche i capigruppo di Camera e Senato, Renato Brunetta e Paolo Romani, vorrebbero mantenere la liason con i leghisti. Poi c’è un’altra pattuglia azzurra che invece guarderebbe più volentieri al centro o che comunque ritiene necessario ricalibrare i rapporti di forza con il Carroccio. Berlusconi si fa concavo e convesso e fa la sintesi: sì all’unità del centrodestra; che però non può parlare solo alla pancia del paese, come fa Salvini. di Francesco Cramer per IlGiornale