Finalmente siamo arrivati all’anno zero per questa benedetta festa di Santa Barbara. Lo dico da membro attivo della comunità parrocchiale, una di quelle persone che più visceralmente ha vissuto ogni anno questi momenti per alcuni celebrativi, per altri grotteschi (studiatela un po’ di storia locale seria, non solo quella relativa alla festa ma allo sviluppo urbano, storico, sociale ed economico. Non contiene olio di palma). Sono felice che il fallimento di questa Amministrazione abbia il culmine con la festa 2016, e che la comunità parrocchiale è quindi nelle condizioni di tagliare questo cordone ombelicale fastidioso: un’occasione da cogliere al volo.
Finalmente la comunità parrocchiale, in un impeto e moto d’orgoglio, ha realizzato la necessità di staccarsi da tutte le trattative balorde e strumentali della politica, delle variazioni di bilancio e dei vari ricattucci: finalmente ci siamo dissociati da ciò che un Ente Comunale non può più garantire a causa della povertà delle casse, della programmazione, della cultura, della conoscenza, della capacità di essere comunità. Finalmente potremo celebrare l’Eucarestia avendo come modello di vita cristiana la sola Santa Barbara Patrona di Paternò, senza i fastidi amministrativi di ogni anno. Attenzione, al culto e alla religiosità che ogni anno sono stati profusi ma che nessuno vede, non sono plateali come le “annacate”.
Sono felice che tutti inneggiano a questo rinnovato puritanesimo delle celebrazioni e non vi nascondo che sono anche un po’ spaventato, perché data questa riscoperta religiosa, temo che le celebrazioni non basteranno a contenere dentro le mura della chiesa tutti i devoti, rinnovati e finalmente felici. Per formazione professionale sono portato a guardare al futuro, non mi spaventa cambiare la tradizione ed anzi mi rendo perfettamente conto che ciò che in un periodo storico può funzionare in un altro può diventare anacronistico: le tradizioni possono sempre essere innovate senza cancellare la memoria.
Siamo finalmente ad un bivio che ci porterà sicuramente novità positive. Chi vorrà la festa dovrà contribuire, ed era ora, troppo abituati al piatto pronto. Chi vorrà i cerei dovrà organizzarsi ed eviteremo così, finalmente, quel tanto vociferato scambio con consiglieri e assessori che prima innalzano la quota di compenso per ogni cereo e poi declinano la responsabilità quando in balia di logiche mafiose si compromette il nome di una città e di tanti cittadini onesti. Chi vorrà i fuochi, prenda esempio dai quartieri “ Villetta” e “Scala Vecchia”, vedremo se le folle oceaniche di Sant’Antonio e del piromusicale del 5 sera in Piazza Indipendenza si presenteranno ugualmente. Quest’anno avremo prontezza anche di questo.
Sono felice perché finalmente il giocattolo si è rotto e abbiamo la possibilità di liberarci di questo fardello che fa passare la mia comunità e i miei parroci succedutisi negli anni come quella istituzione capace di sperperare denaro pubblico in presunti riti tribali (quando mai nessuno ha preteso quest’onere e accordi ben più antichi di noi suggellavano questo rapporto), quando dietro esiste una comunità di persone impegnate nella catechesi, nel volontariato, nella carità e nell’attenzione a tutte le richieste di disagio, durante tutto l’anno e non meno durante la festa della Patrona. Quella stessa comunità che negli anni ha lavorato alla migliore gestione del rapporto con i portatori dei cerei, che si permettevano sino agli anni ’80 di entrare in chiesa bestemmiando, ubriacandosi e urinando agli angoli degli altari. Ma queste cose non si dicono e non si devono dire. Ergo, finalmente. Festeggeremo Barbara in sobrietà e gioia attorno alla Mensa Eucaristica.