In questo inizio di settembre la situazione politica nazionale e internazionale offre parecchi spunti di riflessione. Partiamo dal dato più interessante e, in parte, entusiasmante: la sconfitta di quel mostro in gonnella di Angela Merkel. Ieri si è votato nel Mecleburgo-Pomerania, una regione dell’ex DDR che ha dato un grande dispiacere alla “Cancelliera di ferro”. La Cdu infatti, bastione della reazione in Germania e in Europa, è finita ampiamente ridimensionata, scivolando sotto la soglia psicologica del 20%. Un risultato semplicemente disastroso che dimostra come il nazismo tecnocratico e finanziario – interpretato dalla Merkel – cominci a stancare anche la parte migliore dell’elettorato teutonico. Fino ad oggi molti giornalisti prezzolati continuavano a veicolare la storiella che dipingeva una Germania costretta a fare la faccia feroce sui conti per non scontentare l’elettorato interno; ora che si è scoperto che “l’elettorato interno” è già scontento di suo cosa si inventeranno i soliti noti per legittimare la prosecuzione di politiche infami che terrorizzano l’Europa intera e fanno rivivere i peggiori fantasmi del passato?
Cosa diranno adesso quelli che da decenni presentano la Germania come una specie di paese dei balocchi capace di superare brillantemente la crisi grazie alle coraggiose riforme imposte da Schroeder all’inizio del nuovo millennio? Le politiche del rigore non sono una sciagura solo per i popoli mediterranei, dileggiati e insultati oltremisura da una stampa che riattualizza atmosfere degne del peggiore Goebbels (“pigri, fannulloni, spreconi…”); sono una sciagura per tutti compresi i tedeschi, aizzati da menti luciferine che li costringono a cercare all’esterno un nemico che invece si ritrovano in casa. Angela Merkel è un pericolo per l’umanità intera e fortunatamente in tanti, ovunque nel mondo, cominciano a prenderne atto. Anche in Germania infatti la povertà dilaga a causa dell’introduzione dei famigerati mini-jobs che mascherano un aumento vertiginoso della disoccupazione reale; anche in Germania le disuguaglianze esplodono e i salari ristagnano, mentre i grandi plutocrati che guidano i comparti industriali d’eccellenza, a cominciare dai titolari delle case automobilistiche, ingrassano a dismisura grazie al mostruoso surplus nella bilancia dei pagamenti che le politiche della Merkel garantiscono in violazione di tutte le norme di legge.
Il voto di ieri è un avviso di sfratto per l’ex ragazza cresciuta nella Germania comunista. Il 2017, a questo punto, potrebbe essere per davvero l’anno della definitiva liberazione. E proprio mentre in tutto il mondo la vera natura diabolica della Merkel – serva della peggiore massoneria mondialista – comincia ad essere smascherata, in Italia spunta il solito cretino che dice menzogne spudorate con un ventennio di ritardo. Mi riferisco a quella specie di personaggio già bastonato alle elezioni comunali di Milano che risponde al nome di Stefano Parisi, figuro improponibile spuntato come un fungo (velenoso?) nel marasma che caratterizza la fase crepuscolare dell’epopea berlusconiana. Parisi, che vanta una preparazione in ambito politologico degna di un australopiteco pigro, si è ieri calato proditoriamente nei panni del difensore d’ufficio di Angela Merkel vergando un post sulla sua pagina facebook di rara stoltezza.
Questa la sintesi del “profondo ragionamento” offerto dal nuovo aspirante leader del centrodestra italico”: “Il problema dell’Italia è il debito pubblico, non Angela Merkel”. Ma vi rendete conto? Non sono bastati vent’anni di menzogne reiterate per scoraggiare la riproposizione di un argomento oramai pacificamente smascherato dall’universo-mondo come falso e strumentale? Qualcuno dica a Parisi, al quale evidentemente la compagnia di Franco de Benedetti fa male, che siamo nel 2016 e non nel 1994. Archiviata la macchietta Parisi, destinato presto ad uscire di scena (nel caso ci fosse mai entrato) tra fischi e lazzi, resta da approfondire sullo sfondo la parabola del Movimento Cinque Stelle, agitato da una dialettica sommersa che vede confrontarsi per la futura leadership Luigi Di Maio – gradito ai circoli mondialisti dominati dalla massoneria internazionale – e Alessandro Di Battista, uomo politico libero e genuinamente orientato alla realizzazione di politiche in grado di servire gli interessi di tutti e non solo quelli di pochi incappucciati. Dal responso di simile sfida passa il destino dell’Italia, non solo quello dei grillini. Per cui sarà utile ritornare più volte sul punto.