Le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni. Questo proverbio sempre più spesso vale per l’Europa. Come risolvere il problema profughi? Pagando. Chi? In teoria i governi nazionali che li accolgono. Si parla, ma al momento è solo una proposta, di diecimila euro per ogni richiedente asilo. L’idea è di razionalizzare, non lasciare soli i singoli Stati nell’emergenza, di fissare dei criteri Ue per definire chi fugge per estrema necessità e per scappare da discriminazioni e violenze politiche e religiose. È un modo, si sostiene, per costruire una politica e una burocrazia europea sui profughi. Il rischio, purtroppo, è che si miri soprattutto ai soldi. Non dobbiamo farci troppe illusioni. Troppi casi di cronaca giudiziaria, e l’Italia è un esempio illuminante, stanno lì a raccontare che negli anni la solidarietà è diventata un affare. Si lucra sulle disgrazie altrui. Si contano le teste e si pensa a come moltiplicare il «fatturato». Come diceva Buzzi? L’accoglienza è un affare più ricco della droga. Il rimborso è fissato e se vuoi profitti a nove zeri basta abbassare i costi. E il modo più veloce per farlo è puntare con cinismo al disumano. Questi diecimila euro a cranio rischiano quindi di diventare incentivi a imbarcare profughi senza preoccuparsi di come e in quali condizioni. Le persone diventano sempre più solo dei numeri, contabilità. Basta fare un giro per le nostre città più o meno grandi, per capire il degrado dell’accoglienza e l’esasperazione dei cittadini, altri soldi che inevitabilmente andranno a incrementare le entrate dei mascalzoni che lucrano sull’accoglienza.
Qualcuno potrebbe consolarsi col fatto che in questo caso i soldi arrivino dall’Europa. Come a dire: almeno non sono le nostre tasse. Sbagliato. Anche questa è un’illusione. I soldi dell’Europa non sono un regalo, un aiuto, ma sono denaro del contribuente italiano. Negli ultimi 14 anni abbiamo versato all’Europa 213 miliardi di euro e ne abbiamo incassati 141, con un disavanzo di 72 miliardi. Ogni anno il divario aumenta, mentre diminuisce il nostro peso politico. Quale Paese alla fine avrà più profughi? Quello più vorace. Quello con una rete di accoglienza che assomiglia di più a una filiera di profitti. Tanto è vero che gli Stati del Nord Europa pretendono una clausola: se un profugo, per fare un esempio, viene accolto in Italia, poi deve restare lì. Non gli venga neppure in mente di potersi trasferire in Germania, in Olanda o in Svezia. Ognuno è profugo nel posto di prima accoglienza. IlGiornale