Se negli Stati Uniti vige il principio dell’evidenza scientifica, secondo cui l’onere di provare scientificamente la nocività di un prodotto liberamente venduto grava in capo al consumatore, in Europa il principio di precauzione rischia di diventare un enorme paradosso. Secondo quest’ultimo, è l’azienda stessa che deve provare (a priori) l’assenza di rischi nella commercializzazione del suo prodotto: il consumatore, di conseguenza, dovrebbe essere tutelato a fronte di un controllo che anticipa la messa in vendita del prodotto sugli scaffali. Questo fin quando non è la stessa Ue a fornire all’azienda i “mezzi” attraverso cui poter più facilmente eludere il rispetto di determinati requisiti. Ed infatti, la legge europea 2015-2016 ha previsto, tra gli altri punti, anche l’azzeramento della “scadenza” dell’olio d’oliva, permettendo alle aziende di vendere così grandi quantità di olio vecchio in modo totalmente legale. Più che scadenza, dovremmo più precisamente parlare di “tempo minimo di conservazione”- in Italia fissato nei 18 mesi dalla data di imbottigliamento – che non è una vera e propria data di scadenza ma un tempo (minimo appunto) entro cui l’olio conserva le sue proprietà organolettiche definite in etichetta. Con la conseguenza che, oltre quella data, l’olio sarà certamente commestibile ma avrà perso gran parte delle sue proprietà. Come potrà allora adesso il consumatore conoscere queste informazioni sul prodotto?
Anche ammesso che prima avrebbe potuto conoscerle, adesso cade completamente ogni minima forma di tutela. Se prima infatti era certamente possibile per le grosse aziende imbottigliare quantità di olio d’oliva anche dopo un anno dalla sua produzione, così da far partire in ritardo il termine minimo di conservazione di ulteriori 18 mesi, adesso cade anche l’obbligo di indicare la data di imbottigliamento, seppur sostituito con un generico “da consumare preferibilmente entro il..”. La questione è proprio questa: chi vigilerà sull’utilizzo dei parametri attraverso i quali l’azienda produttrice fisserà la data di scadenza? Vendere bottiglie d’olio completamente prive ormai delle sue proprietà sarà legale? Secondo la Camera dei deputati sicuramente sì. In 208 a favore (e 103 contrari) è stata infatti approvata la legge europea 2015 che elimina del tutto l’indicazione della data di imbottigliamento dell’olio d’oliva dalla etichetta e dunque la norma italiana sul termine minimo di conservazione originariamente nata a tutela dei consumatori e della qualità del marchio italiano.
“Ora è tutto a totale discrezione del produttore”, ha dichiarato Giuseppe L’Abbate, capogruppo M5s in commissione Agricoltura, che insieme al deputato Filippo Gallinella ha sottolineato il dissenso di parte dell’opposizione, “abbiamo presentato un emendamento per reintrodurre la data di scadenza e quella di imbottigliamento ma abbiamo raccolto solo un ‘no’ della maggioranza. Governo e Pd sembrano avere più a cuore le sorti di qualche lobby straniera piuttosto che il comparto agroalimentare nazionale”.
Ma in quei 103 contrari non c’era soltanto il Movimento 5 Stelle. Ad opporsi, insieme ai 5 Stelle e Paolo Sisto di Forza Italia c’era anche lei, la piddina Colomba Mongiello che forse non ha ancora ben compreso quale sia il vero scopo del suo partito e del Governo, o forse è proprio per averlo capito che sembra esserci rimasta male. “Sono molto delusa per quanto è accaduto – ha affermato la prima firmataria della legge ‘Salva Olio’ – da un lato l’Antitrust multa le aziende che hanno venduto falso olio extravergine, dall’altro si approvano norme contrarie ai consumatori. […] Di fatto è stato dato l’ok a una norma che favorisce lo smaltimento di olio vecchio, mentre numerosi studi hanno dimostrato che con il tempo l’olio di oliva modifica le proprie caratteristiche nutrizionali”.
Forse è anche il caso di ricordare, a chi ci legge, che proprio mentre l’Europa perde l’Inghilterra per strada ed i suoi cittadini dietro le partite di calcio, qualcuno non è andato in ferie pur di ottenere la conferma del mandato negoziale sul TTIP. Quella dell’olio è solo un assaggio. L’Intellettuale Dissidente