Sharing is caring!
di Valerio Musumeci
Tutti da leggere, i commenti sul Brexit che negli ultimi giorni hanno invaso i social network. I social, sì: dei mezzi d’informazione tradizionali – giornali, televisioni, radio – non abbiamo granché da rilevare essendo da anni palese l’inconcludenza dei medesimi ad informare correttamente gli italiani. Su internet, al contrario, si trovano perle di inaspettato umorismo, nel caso di specie, parlando di politici, quasi di lirismo: che caspiterina il Regno Unito vuole uscire dall’Eurozona, se non è una notizia da commentare questa, in un paese dove già si commenta per sport qualunque cosa, tanto vale chiudere baracca e burattini e gettare lo smartphone a mare. Tutti dunque ad accanitamente analizzare, computare, dichiarare come quando e perché la Brexit sarebbe una cosa positiva, negativa, politicamente conveniente, certamente folle, probabilmente giusto, qualunquemente inglese.
Il primo non poteva essere che lui, Matteo Salvini. Non sazio della clamorosa batosta alle amministrative, pochi giorni fa, il leader del Carroccio e del partitello nazionalista che fa coppia con Fratelli d’Italia non perde l’occasione di sfruttare il referendum per racimolare qualche altra presenza televisiva: «Evviva il coraggio dei liberi cittadini di Gran Bretagna!!! – scrive su Facebook, scordandosi il dito sul tasto del punto esclamativo – Il cuore, la testa e l’orgoglio hanno battuto le bugie, le minacce e i ricatti. GRAZIE UK, ora finalmente cambierà l’Europa, ora tocca a noi». Già l’idea di un coordinamento leghista dell’eventuale Italexit – o come caspita si chiamerebbe l’uscita dell’Italia dall’Unione – fa tremare le vene dei polsi. Ma poiché Salvini sa per primo che la cosa non è in programma e anche quando non toccherebbe a lui, eccolo veleggiare verso il vero, più abbordabile obbiettivo: «Dopo il libero voto britannico, a maggior ragione a ottobre voterò NO al REFERENDUM sulla pessima riforma di Renzi, che continua a impedire agli italiani di esprimersi su ogni scelta che arriva da Bruxelles». Quindi l’anziano col kilt nella sperduta Scozia avrebbe votato per convincere Salvini a votare no al referendum italiano: interessante lettura, da meditare attentamente sbattendosi la testa nel muro.
Restando nel campo del centrodestra, il convalescente Berlusconi – chinare il capo – ammonisce dalla sua pagina FB che «occorre dare una risposta immediata e straordinaria da parte di chi l’Europa l’ha pensata e voluta. E’ urgente ricostruire l’Europa come comunità politica basata su valori condivisi, prima che economica o burocratica, vissuta dagli europei come la loro patria e non più come un’imposizione o una fastidiosa necessità. Ed occorre farlo rivedendo al più presto i trattati europei laddove essi si sono dimostrati inefficaci o dannosi». In attesa di risuscitare chi l’Europa l’ha pensata e voluta – che poi l’Europa l’ha voluta Dio e per la mitologia greca quel farfallone di Zeus, qui si parla di Unione Europea – iniziamo a elencare i valori condivisi: l’unico va in onda in questi giorni ed è l’Europeo di calcio, altre grandi condivisioni di ideali, uscendo dalla fuffa berlusconian-PPEsca, non se ne trovano. A Silvio augurissimi di pronta guarigione – pss! Notato che non esce ancora dalla clinica? – e di felice risoluzione dell’affare Milan, che si sta facendo più ingombrante di Forza Italia ed è tutto dire.
«Che ora l’inglese resti lingua ufficiale dell’#UE è un’altra di quelle assurdità che mandano in bestia i cittadini. Si reitegri l’italiano». Ma che lo si reitegri più meglio. Così Roberto Formigoni su Twitter, ma la perla del Celeste non ha altro scopo se non quello di farci passare dolcemente dal centrodestra di opposizione al centrodestra di governo. Il ministro Alfano commentando la#Brexit rivela scoop clamorosi: «Oggi parlo anche da presidente della Fondazione Alcide De Gasperi, uno dei più grandi padri fondatori dell’Unione Europea. Oggi è una giornata negativa per l’Europa, una giornata terribile, ma al tempo stesso può essere una opportunità per il suo rilancio, per un cambiamento di rotta e di velocità, perché credo convintamente che quando il popolo parla, quando le persone parlano i governanti debbano ascoltarle ed è davvero difficile, per noi, adesso, immaginare quale sarà la nuova strada da seguire. Ma è arrivato il momento di riflettere proprio su questo, contro ogni disfattismo e contro ogni tentazione di tornare indietro». Dunque intanto Alfano è presidente di qualcosa: è una notiziona. Condivisibilissima, poi, l’idea che “quando il popolo parla”, per rispettarlo, si debba riflettere contro ciò di cui ha parlato, ovvero la “tentazione di tornare indietro”. E’ come se dopo aver litigato con la moglie il marito, per rispettarla, riflettesse su come ammazzarla.
Ma eccoci a lui, all’altro Matteo, quello istituzionale con la cravatta e il telefonino d’ordinanza da smanettare quando parlano i capi di Stato che lo ospitano. Da par suo, al posto di un banalissimo post, Renzi preferisce la diretta streaming. «Il popolo britannico ha scelto, noi rispettiamo la decisione. Ora si volta pagina. Noi siamo pronti. Governo e Unione europea sono nella condizione di garantire, con qualsiasi mezzo, la stabilità del sistema finanziario e la sicurezza dei risparmiatori. L’Italia non si tirerà indietro e farà la sua parte». Preoccupazione alle stelle dalle parti di Bruxelles, ma il premier italiano spiega subito come: «L’Italia è tornata solida, il nostro Paese ha il dovere di offrire questa solidità anche agli altri partner europei». A questo punto Junker, Schulz e la Merkel capiscono la barzelletta e scoppiano in una sonora risata belgo-teutonica. Era dai tempi di quell’altro italiano con l’ego gigantesco che non si divertivano così.
Il pezzo sarebbe stato bello chiuderlo così, ma qualcosa dei Cinque Stelle tocca pur dire. Sacro blog di Beppe Grillo: «L’Unione Europea deve cambiare, altrimenti muore. Le istituzioni comunitarie, e in particolare la Troika (FMI, BCE e Commissione Europea) devono iniziare a domandarsi dove hanno sbagliato e come possono risolvere l’enorme problema che hanno generato. Ci sono milioni e milioni di cittadini europei sempre più critici, che non si riconoscono in questa Unione fatta di banche e ricatti economici. Pensiamo al caso greco, un Paese ormai al collasso». Onesto, ineccepibile, fiscalmente inappuntabile, la verità! E quindi? «Il MoVimento 5 Stelle ha sempre creduto che a dover decidere sulle questioni decisive debba essere il popolo, infatti abbiamo raccolto le firme per il referendum sull’euro per far decidere gli italiani sulla sovranità monetaria». Ecco, la raccolta firme: al link, che manteniamo da blog, potrete accedere alla pagina del referendum grillino, che in modo semplice e in sole quattro mosse spiega cosa fare. Deposito della legge costituzionale per consentire il referendum. Ok. Raccolta firme. Ok. Deposito della legge di iniziativa popolare. Ok. Referendum per uscire dall’Euro. Ok. E quei sodomiti degli inglesi se la sono menata tanto quando il Sacro blog, verità infusa, in quattro battute risolve tutto. Si vota a dicembre. Cioè, si sarebbe dovuto votare, perché il dicembre indicato era quello del 2015. Siamo fuori di sei mesi, altro che dall’Unione.
Potrebbero anche interessarti:
Come ti commento il Brexit
Sharing is caring!
di Valerio Musumeci
Tutti da leggere, i commenti sul Brexit che negli ultimi giorni hanno invaso i social network. I social, sì: dei mezzi d’informazione tradizionali – giornali, televisioni, radio – non abbiamo granché da rilevare essendo da anni palese l’inconcludenza dei medesimi ad informare correttamente gli italiani. Su internet, al contrario, si trovano perle di inaspettato umorismo, nel caso di specie, parlando di politici, quasi di lirismo: che caspiterina il Regno Unito vuole uscire dall’Eurozona, se non è una notizia da commentare questa, in un paese dove già si commenta per sport qualunque cosa, tanto vale chiudere baracca e burattini e gettare lo smartphone a mare. Tutti dunque ad accanitamente analizzare, computare, dichiarare come quando e perché la Brexit sarebbe una cosa positiva, negativa, politicamente conveniente, certamente folle, probabilmente giusto, qualunquemente inglese.
Il primo non poteva essere che lui, Matteo Salvini. Non sazio della clamorosa batosta alle amministrative, pochi giorni fa, il leader del Carroccio e del partitello nazionalista che fa coppia con Fratelli d’Italia non perde l’occasione di sfruttare il referendum per racimolare qualche altra presenza televisiva: «Evviva il coraggio dei liberi cittadini di Gran Bretagna!!! – scrive su Facebook, scordandosi il dito sul tasto del punto esclamativo – Il cuore, la testa e l’orgoglio hanno battuto le bugie, le minacce e i ricatti. GRAZIE UK, ora finalmente cambierà l’Europa, ora tocca a noi». Già l’idea di un coordinamento leghista dell’eventuale Italexit – o come caspita si chiamerebbe l’uscita dell’Italia dall’Unione – fa tremare le vene dei polsi. Ma poiché Salvini sa per primo che la cosa non è in programma e anche quando non toccherebbe a lui, eccolo veleggiare verso il vero, più abbordabile obbiettivo: «Dopo il libero voto britannico, a maggior ragione a ottobre voterò NO al REFERENDUM sulla pessima riforma di Renzi, che continua a impedire agli italiani di esprimersi su ogni scelta che arriva da Bruxelles». Quindi l’anziano col kilt nella sperduta Scozia avrebbe votato per convincere Salvini a votare no al referendum italiano: interessante lettura, da meditare attentamente sbattendosi la testa nel muro.
Restando nel campo del centrodestra, il convalescente Berlusconi – chinare il capo – ammonisce dalla sua pagina FB che «occorre dare una risposta immediata e straordinaria da parte di chi l’Europa l’ha pensata e voluta. E’ urgente ricostruire l’Europa come comunità politica basata su valori condivisi, prima che economica o burocratica, vissuta dagli europei come la loro patria e non più come un’imposizione o una fastidiosa necessità. Ed occorre farlo rivedendo al più presto i trattati europei laddove essi si sono dimostrati inefficaci o dannosi». In attesa di risuscitare chi l’Europa l’ha pensata e voluta – che poi l’Europa l’ha voluta Dio e per la mitologia greca quel farfallone di Zeus, qui si parla di Unione Europea – iniziamo a elencare i valori condivisi: l’unico va in onda in questi giorni ed è l’Europeo di calcio, altre grandi condivisioni di ideali, uscendo dalla fuffa berlusconian-PPEsca, non se ne trovano. A Silvio augurissimi di pronta guarigione – pss! Notato che non esce ancora dalla clinica? – e di felice risoluzione dell’affare Milan, che si sta facendo più ingombrante di Forza Italia ed è tutto dire.
«Che ora l’inglese resti lingua ufficiale dell’#UE è un’altra di quelle assurdità che mandano in bestia i cittadini. Si reitegri l’italiano». Ma che lo si reitegri più meglio. Così Roberto Formigoni su Twitter, ma la perla del Celeste non ha altro scopo se non quello di farci passare dolcemente dal centrodestra di opposizione al centrodestra di governo. Il ministro Alfano commentando la#Brexit rivela scoop clamorosi: «Oggi parlo anche da presidente della Fondazione Alcide De Gasperi, uno dei più grandi padri fondatori dell’Unione Europea. Oggi è una giornata negativa per l’Europa, una giornata terribile, ma al tempo stesso può essere una opportunità per il suo rilancio, per un cambiamento di rotta e di velocità, perché credo convintamente che quando il popolo parla, quando le persone parlano i governanti debbano ascoltarle ed è davvero difficile, per noi, adesso, immaginare quale sarà la nuova strada da seguire. Ma è arrivato il momento di riflettere proprio su questo, contro ogni disfattismo e contro ogni tentazione di tornare indietro». Dunque intanto Alfano è presidente di qualcosa: è una notiziona. Condivisibilissima, poi, l’idea che “quando il popolo parla”, per rispettarlo, si debba riflettere contro ciò di cui ha parlato, ovvero la “tentazione di tornare indietro”. E’ come se dopo aver litigato con la moglie il marito, per rispettarla, riflettesse su come ammazzarla.
Ma eccoci a lui, all’altro Matteo, quello istituzionale con la cravatta e il telefonino d’ordinanza da smanettare quando parlano i capi di Stato che lo ospitano. Da par suo, al posto di un banalissimo post, Renzi preferisce la diretta streaming. «Il popolo britannico ha scelto, noi rispettiamo la decisione. Ora si volta pagina. Noi siamo pronti. Governo e Unione europea sono nella condizione di garantire, con qualsiasi mezzo, la stabilità del sistema finanziario e la sicurezza dei risparmiatori. L’Italia non si tirerà indietro e farà la sua parte». Preoccupazione alle stelle dalle parti di Bruxelles, ma il premier italiano spiega subito come: «L’Italia è tornata solida, il nostro Paese ha il dovere di offrire questa solidità anche agli altri partner europei». A questo punto Junker, Schulz e la Merkel capiscono la barzelletta e scoppiano in una sonora risata belgo-teutonica. Era dai tempi di quell’altro italiano con l’ego gigantesco che non si divertivano così.
Il pezzo sarebbe stato bello chiuderlo così, ma qualcosa dei Cinque Stelle tocca pur dire. Sacro blog di Beppe Grillo: «L’Unione Europea deve cambiare, altrimenti muore. Le istituzioni comunitarie, e in particolare la Troika (FMI, BCE e Commissione Europea) devono iniziare a domandarsi dove hanno sbagliato e come possono risolvere l’enorme problema che hanno generato. Ci sono milioni e milioni di cittadini europei sempre più critici, che non si riconoscono in questa Unione fatta di banche e ricatti economici. Pensiamo al caso greco, un Paese ormai al collasso». Onesto, ineccepibile, fiscalmente inappuntabile, la verità! E quindi? «Il MoVimento 5 Stelle ha sempre creduto che a dover decidere sulle questioni decisive debba essere il popolo, infatti abbiamo raccolto le firme per il referendum sull’euro per far decidere gli italiani sulla sovranità monetaria». Ecco, la raccolta firme: al link, che manteniamo da blog, potrete accedere alla pagina del referendum grillino, che in modo semplice e in sole quattro mosse spiega cosa fare. Deposito della legge costituzionale per consentire il referendum. Ok. Raccolta firme. Ok. Deposito della legge di iniziativa popolare. Ok. Referendum per uscire dall’Euro. Ok. E quei sodomiti degli inglesi se la sono menata tanto quando il Sacro blog, verità infusa, in quattro battute risolve tutto. Si vota a dicembre. Cioè, si sarebbe dovuto votare, perché il dicembre indicato era quello del 2015. Siamo fuori di sei mesi, altro che dall’Unione.
Potrebbero anche interessarti:
Redazione