Ad ascoltare i paladini del progressismo, l’Italia sarebbe stata – fino all’approvazione delle unioni civili – l’ultimo Paese medievale del pianeta, un vero e proprio covo d’intolleranti che solo la determinazione politica del Governo Renzi, manifestata sul piano parlamentare con richieste di fiducia a raffica, avrebbe finalmente incamminato verso il luminoso sentiero dei “diritti”. Questa, dicevamo, la narrazione, ma non i fatti. Sì, perché non esistono dati attendibili che testimonino l’oscurantismo che, fino a ieri appunto, avrebbe regnato sovrano nel nostro Paese. Anzi, per la verità ne esistono che provengono da fonti insospettabili e che dicono l’opposto collocando proprio la cattolica e “retrograda” Italia fra le nazioni più tolleranti d’Europa se non del mondo.
Gli ultimi riscontri in questo senso provengono dal Global Attitudes Survey on LGBTI, maxi indagine dell’ILGA – acronimo che sta per International Lesbian and Gay Association, non proprio un’associazione tacciabile di omofobia – effettuata a livello globale in oltre cinquanta Stati per un totale di 96,331 persone interpellate. I quesiti con i quali questa ricerca globale – i cui esiti sono sintetizzati in un report di una dozzina di pagine – è stata condotta, erano finalizzati a rilevare, sondando le opinioni di almeno 700 soggetti per Paese, gli atteggiamenti verso punibilità dell’essere LGBTI, la considerazione dell’attrazione omosessuale quale fenomeno del mondo occidentale, e l’atteggiamento rispetto alla possibilità di avere un vicino di casa con tendenze omosessuali.
Sorprendentemente, quello che si nota è che sostanzialmente in tutti gli ambiti l’Italia – dei dodici Paesi europei considerati – figura costantemente fra quelli i cui cittadini manifestano maggiore apertura mentale. L’idea per esempio della punibilità dell’essere LGBTI – che dovrebbe accomunare i più «omofobi» fra gli «omofobi» – vede solo l’11% degli Italiani favorevoli, contro il 13% degli spagnoli, il 15% degli olandesi, il 17% dei francesi e il 22% degli inglesi. La stessa, forte contrarietà a simili posizioni interessa più gli italiani (67%) degli spagnoli (66%), degli inglesi (53%) e dei francesi (52%). Un po’ dura, alla luce di questi dati – raccolti, meglio ricordarlo, da un’associazione internazionale LGBTI, non da Mario Adinolfi o da qualche temibile cattolicone – continuare a presentare furbescamente l’Italia come un Paese arretrato.
Anche le problematiche dell’avere un vicino di casa omosessuale coinvolgono non più del 22% degli Italiani, quasi la stessa percentuale degli osannati Stati Uniti di Obama (21%), la stessa della Francia e comunque una percentuale minore, per esempio, di quella registrata in Inghilterra (26%), Paese considerato un autentico faro in tema di diritti civili (non a caso prevede la cosiddetta “maternità surrogata” da decenni). Ora, il fatto che l’Italia, stando all’ILGA, risulti assai poco «omofoba» spingerà alcuni ad arrampicate sugli specchi volte a spiegare che forse gli «omofobi», nel nostro Paese, sono meno propensi a manifestarsi, sciocchezza totale, dato che proprio l’assenza di una norma contro l’omofobia dovrebbe far sentire costoro liberi di esprimere le loro intolleranti opinioni.
Ora, che insegna il Global Attitudes Survey on LGBTI, presentato in occasione della giornata contro l’omofobia ma non pubblicizzato quasi da nessuno in Italia (chissà perché)? Tre cose, almeno. Primo: non esiste – con buona pace dei cantori dei “nuovi diritti” – un legame certo fra l’introduzione delle nozze o delle adozioni gay e l’eliminazione di atteggiamenti «omofobi», come mostra il fatto che l’Italia, pur risultandone priva (i dati ILGA son stati raccolti fra dicembre 2015 e gennaio 2016), non sia affatto risultata intollerante. Secondo: la cultura cattolica di un Paese non ha a che vedere con l’”omofobia”, anzi, come prova pure la vicinanza ai valori dell’Italia rilevata per un altro Paese di fama cattolica, vale a dire l’Irlanda.
Terza e più importante considerazione: l’Italia non ha bisogno, dati LGBTI alla mano, di leggi contro l’omofobia. Proprio nessuno. La stessa notizia dell’avvenuta condanna di un coinquilino reo di aver perseguitato la coppia gay vicina di casa con insulti e minacce – notizia che, a differenza del Global Attitudes Survey on LGBTI, ha fatto il giro del web – dimostra che chi si rende responsabile di atteggiamenti discriminatori o aggressivi ai danni di persone con orientamento omosessuale, già oggi – giustamente -, paga; senza che servano altre norme di alcun tipo in un Paese, quale l’Italia, tollerante da sempre, nel quale la depenalizzazione della condotta omosessuale risale addirittura all’Ottocento, mentre invece – per fare un esempio – in Germania gli omosessuali sono stati perseguibili fino all’11 giugno del 1994. E i “retrogradi” saremmo noi?